Il contributo prende le mosse da alcuni rapidi riferimenti ad autori, come Spinoza e Schopenhauer, che hanno tentato una sorta di genealogia della volontà e del libero arbitrio seguendone l’invito a decentrarli dal piano del soggetto individuale a quello metafisico-ontologico. Si cercherà, quindi, di riformulare il problema attraverso un détour nella Bhagavadgītā, in cui, almeno a una prima lettura, non si parla di volontà, anche se si discute continuamente di azione e di decisione. Utilizzando liberamente il concetto di F. Jullien di “scarto”, si cerca di mostrare che la Bhagavadgītā può fornirci degli strumenti per ripensare la questione della volontà proprio grazie a quelle stesse ragioni per cui quel concetto non è mai stato formulato.
Parole chiave: Libet, Spinoza, Schopenhauer, Śaṅkara, libero arbitrio, ontologia, natura, induismo, Bhagavadgītā, darśana
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