Homo loquens. Immagini della comunicazione e immagini dell’uomo nel pensiero contemporaneo

di Sergio Moravia
«atque», 2, 1990, pp. 15-40

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Ma il guajo è che voi, caro, non saprete mai, né io vi potrò

mai comunicare come si traduce in me quello che voi dite.

Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi, la

stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo, io e

voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E

voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io nell’acco

­ glierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbia

­ mo creduto di intenderci; non ci siamo intesi affatto.

PIRANDELLO, Uno, nessuno e centomila, 1925.

 

Noi dunque (tu almeno lo ammetti) stiamo conversando.

Ciascuno di noi cerca, volta a volta, di capire l’altro, cioè

di mettersi dal punto di vista da cui l’altro vede le cose, ri­

costruendo il meglio possibile la sua visione, e di farsi capi

­ re dall’altro, cioè di condurre l’altro ad assumere l’angolo

visuale suo, a rifare in sé ilsuo mondo d’esperienza, a vede

­ re come lui. In questo a/temo sforzo del capire, dell’inter­

pretare e del comunicare, è il linguaggio: per lo meno in

quanto conversazione, colloquio, dialogo.

  1. CALOGERO, Filosofia del dialogo, 1962.

 

Weare well on the way to see conversation as the ultimate

context within which Knowledge is to be unterstood.

R. RORTY, Philosophy and the Mirror of Nature, 1979.

 

Il telefono serve a tutti: comunica, non conversare.

Da una réclame della Sip, 1983.

 

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