La schizofrenia: una patologia della funzione simbolica. Anomia percettiva e devianza del conoscere

di Luigi Aversa
«atque», 4, 1991, pp. 183-190

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Precisazioni metodologiche

È opportuno precisare, onde sgombrare il campo da alcuni comprensibili ma facili fraintendimenti, che il senso del mio discorso non vuole affatto negare altre ipotesi interpretative del fenomeno schizofrenico, ma,  partendo da una premessa umile, e cioè che qualsiasi fenomeno psichico porti in sé una sovrabbondanza di senso che non è possibile esaurire totalmente, proporre una riflessione sul complesso problema della schizofrenia da un punto di vista culturale. Ho parlato di umiltà del ,mio discorso ma voglio anche esplicitare che tale “umiltà teorica” non è  affatto da intendersi come “debolezza”, vi è infatti nel discorso che farò anche un  aspetto forte, provocatorio dal punto di vista metodologico, che mira a ridimensionare quelle posizioni che, ritenendosi più “scientifiche” di altre, si sentono autorizzate a sentirsi depositarie di dati incontrovertibili e difficilmente discutibili. Penso soprattutto a quelle ottiche che ritengono che lo scoprire la causa della malattia sia l’unica cosa importante e terapeutica e che tutto il resto sia pura astrazione. A queste posizioni teoriche è utile ricordare che la ricerca delle cause, se pur legittima, è solamente uno e non l’unico modo di dare senso ad un fenomeno che nella sua complessità ci inquieta e ci costringe ad infinite risposte. Come scrive H. C. Rumke dobbiamo evitare il rischio che ”dai molteplici indirizzi di ricerca in psichiatria, nasca il rischio che lo psichiatra abbia una grande esperienza all’interno del suo sistema di riferimento ma che trascuri completamente gli altri sistemi di riferimento”.

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