Segno, Simbolo e conoscenza. Per una epistemologia critica del pensiero di Jung

di Paolo Francesco Pieri
«atque», 6, 1992, pp. 159-184

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«Non è ancora abbastanza chiaro che quando di

­ ciamo “psiche” accenniamo simbolicamente al

l’oscurità più fitta che si possa immaginare? Sta

all’etica del ricercatore riconoscere dove finisce

il suo sapere. Questa fine è infatti l’inizio di una

più alta conoscenza».

C.G. Jung

 

Si può dire che l’ipotesi generale di questo contributo sta nel l’osservazione che c’è senso comune laddove il mondo e le parole vengono ad evidenziarsi molto distintamente tra di loro e indipendenti dalle nostre pratiche conoscitive. Così, l’uomo ed il mondo da una parte e le parole dall’altra guadagnano quasi un’autonomia e preparano e veicolano operazioni di tipo tecnico-replicativo. Talora, però, tali ripetizioni di carattere segnico-interpretativo si mostrano inefficaci ed al loro posto -insieme alla caduta del senso comune – insorge quello che qui chiameremo “efficacia simbolica”. Più in particolare, si tratta di compiere una rilettura del pensiero di Jung per ritrovarvi una peculiare epistemologia critica laddove viene fatta la distinzione tra segno e simbolo e ne viene quasi misurata la distanza.

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