«Non è ancora abbastanza chiaro che quando di
ciamo “psiche” accenniamo simbolicamente al
l’oscurità più fitta che si possa immaginare? Sta
all’etica del ricercatore riconoscere dove finisce
il suo sapere. Questa fine è infatti l’inizio di una
più alta conoscenza».
C.G. Jung
Si può dire che l’ipotesi generale di questo contributo sta nel l’osservazione che c’è senso comune laddove il mondo e le parole vengono ad evidenziarsi molto distintamente tra di loro e indipendenti dalle nostre pratiche conoscitive. Così, l’uomo ed il mondo da una parte e le parole dall’altra guadagnano quasi un’autonomia e preparano e veicolano operazioni di tipo tecnico-replicativo. Talora, però, tali ripetizioni di carattere segnico-interpretativo si mostrano inefficaci ed al loro posto -insieme alla caduta del senso comune – insorge quello che qui chiameremo “efficacia simbolica”. Più in particolare, si tratta di compiere una rilettura del pensiero di Jung per ritrovarvi una peculiare epistemologia critica laddove viene fatta la distinzione tra segno e simbolo e ne viene quasi misurata la distanza.