Il sacro e l’alterità

di Adriano Fabris
«atque», 7, 1993, pp. 81-94

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Nella riflessione sulle problematiche che concernono la sfera del divino -una riflessione che si è ampiamente sviluppata, nel nostro secolo, ad esempio entro i contesti della fenomenologia e della filosofia della religione -la nozione di sacro si è imposta, fra altri concetti, come una cifra particolarmente atta a indicare le diverse modalità della dimensione religiosa e volta a qualificarla nella sua specifica autonomia. Se si leggono ad esempio le pagine della Fenomenologia della religione (1933, 1956) di Gerardus van der Leeuw si può notare come questa categoria venga ad assolvere una duplice funzione, che il fenomenologo semplicemente registra nella sua elaborazione comparata del materiale proveniente dai diversi ambiti religiosi. Da un lato, essa contribuisce a definire ciò che per la «fenomenologia» è l’«oggetto» della religione, vale a dire il manifestarsi di quella «potenza» che si sviluppa secondo differenti aspetti e variamente si articola nelle molteplici confessioni esaminate. Tale potenza, più precisamente, è il modo in cui la sfera del divino entra in rapporto con l’ambito umano, un rapporto in cui l’uomo è chiamato a svolgere la funzione non solo di recettore passivo della meravigliosa e possente epifania del religioso, ma anche di attivo soggetto in un’interazione che lo vede impegnato, come fedele, nella prassi liturgica.

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