I modi come cura

di Carlo Sini
«atque», 8, 1993, pp. 9-14

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I modi della cura, ossia: i modi come cura. Spero che questo stravolgimento del titolo, che fa da guida all’argomento del presente fascicolo, si riveli alla fine qualcosa più di un’ingenua stravaganza; magari un piccolo, non inutile, contributo al tema espresso dal titolo autentico.

A che allude lo stravolgimento? Grosso modo, alla terminologia filosofica spinoziana (i “modi”) e heideggeriana (la “cura”, o, ancora spinozianamente, le “passioni”). Potremmo dunque tradurne il senso cosl: ogni individuo, in quanto modo della natura sostanziale, o della vita universale, è essenzialmente “cura”, cioè passione, preoccupazione, pena, afflizione, affaccendamento e bisogno. Letto in questa chiave, il titolo generale (“I modi della cura”) suonerebbe allora così: in molti modi accade l’umano aver cura e prendersi cura, cioè l’umana afflizione e passione, in quanto espressioni di un universale bisogno. Ma, afflizione perche? bisogno di che? Proviamo a riflettere su due tipi di risposta.

La prima si potrebbe sintetizzare cosl. L’uomo è l’animale malato. La sua malattia è lo spirito. Come animale è affidato, così come ogni essere, alla natura. Essa, si sa, non ha molta cura delle sue crea ture. In queste esprime essenzialmente la sua forza vitale, che non dell’individuo si preoccupa, ma della conservazione della vita stessa, per esempio attraverso la generazione. L’individuo naturale non ha per tanto altra destinazione se non quella di generare. Tutto il suo sviluppo naturale ha il solo scopo di conseguire la maturità sessuale, sicché, una volta eseguito il suo compito riproduttivo, non gli resta che morire, lasciando il passo a una nuova generazione.

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