Il sapere nel gioco linguistico della cura. Un excursus attraverso l’opera di Freud

di Andrea Vaccaro
«atque», 8, 1993, pp. 89-104

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Leggendo l’opera di Freud da una prospettiva wittgensteiniana , si può ricevere l’impressione di imbattersi costantemente in uno speciale gioco linguistico: quello della cura. Le proposizioni di Freud appaiono, cioè, avere la funzione di curare o, limitroficamente, di cercare una cura, di convincere a guarire (modificarsi), di insegnare a curare. Per attuare un gioco linguistico occorre che taluni elementi della proposizione acquisiscano una speciale fruizione grammaticale e semantica. Nel gioco linguistico della cura questa sorte ricade, in làrga misura, sul concetto di “sapere” o, con maggiore esattezza, sulla costellazione di termini quali “sapere”, “conoscere”, “ignorare”, “disconoscere” . Fra cura e sapere, non a caso, nella psicoanalisi freudiana, esiste idealmente una convergenza che, data per certa all’inizio, permane, complicandosi, in tutta l’esperienza clinica di Freud. Conformemente alla tesi wittgensteiniana, secondo cui il significato delle parole e delle proposizioni consiste nel loro uso, lo studio non perseguirà l’intento di valutare la correttezza del significato che Freud assegna a tali verbi, magari confrontandolo con un loro ideale significato assoluto, quanto piuttosto quello di rilevare alcune caratteristi che generali dell’impiego che Freud compie di essi.

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