La voce del Sé e la signora Darwin

di Carlo Sini
«atque», 9, 1994, pp. 9-20

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La voce del Sé ( Self) cominciò a parlare in inglese centoventi anni fa, in uno scambio di lettere tra un grande scienziato, allora sulla cresta dell’onda di un mare non poco tempestoso, e un giovane filosofo, matematico e psicologo, destinato a una morte prematura e all’ingiustizia tuttora permanente di una scarsa fama. Lo scienziato era l ‘inglese Charles Darwin; il filosofo l’americano Chauncey Wright, amico di William James e di Charles Peirce, allora poco più che giovanotti di belle speranze, “corifeo” (come dirà Peirce riandando a quegli anni) di quel “Metaphysical Club” di Cambridge, Mass., dai cui disordinati in contri germinò l’idea-guida del pragmatismo americano .

In una lettera del 14 luglio 1871 Darwin scriveva a Wright:

«Poiché siete dotato di una mente così chiara e prestate un’attenzione così particolare al significato delle parole, mi auguro che vogliate, una qualche volta, prender l’occasione di considerare quando si possa dire propriamente che una cosa è compiuta dallo spirito umano»Darwin aggiungeva che, per parte sua, era incline a pensare a una selezione in conscia appl icata alle variazioni del linguaggio, sino ai gradi intelligenti e coscienti, ovvero “superiori”, della comunicazione animale. In tal modo Darwin rispondeva indirettamente alla provocazione di Francis Bowen, professore dell’università di Harvard, il quale, sulla

«North American Review», di cui era direttore, aveva sfidato Darwin a colmare «con gradazion i impercettibilmente fini l’immensa frattura che ora separa l’uomo dagli animali».

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