Il sé e i sé. Quale tipo di realtà?

di Paolo Francesco Pieri e Daniel C. Dennett
«atque», 9, 1994, pp. 193-196

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Firenze, 27 gennaio I994

 

Caro Professor Dennett,

 

a partire dalla lettura di Consciousness Explained recentemente tradotto in italiano [Coscienza. Che cos’è, Rizzoli, Milano, I 993], de sidero formulare alcune considerazioni e sottoporLe una domanda.

In quel testo sembrano intrecciarsi una teoria del cervello ed una teoria della mente. La prima è di tipo homuncolare, la seconda -dichiaratamente più astratta -fa esplicito riferimento all’idea del Sé o dell’Anima. Parlando di questo Lei scrive esattamente: «piccoli uomini» in un «cervello-ostrica» e, sono ancora Sue parole, «un Sé» o «l’Anima» in una «mente-perla», dicendo ancora a un ipotetico interlocutore che: «L’idea che il Sé -o l ‘Anima – sia in realtà solo un’astrazione sembra a molte persone solo un’idea negativa, una nega zione pi uttosto che qualcosa di positivo. Ma in realtà [… è…] -per Lei -una versione teoreticamente più solida dell’immortalità potenziale rispetto a qualunque altra che possa essere trovata nelle idee tra dizionali di anima» [pag. 409). Vengono in tal modo a configurarsi ben due astrazioni della mente sulla mente. Da un lato sta un’idea partizionistica, dall’altra un’idea di unitarietà.

Orbene, mi pare che così siamo posti di fronte alla postulazione di un’antinomia, secondo cui molteplici centri e agenti intenzionali fron teggiano un’unità cognitiva, oppure siamo immessi in una metateoria attraverso cui viene a costruirsi astrattamente un tutto che di quelle parti è il prodotto.

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