‘Sono io, questo?’ Ovvero, il Selbst nel pensiero di C. G. Jung

di Paolo Francesco Pieri
«atque», 11, 1995, pp. 73-92

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Tratto esplicitamente dalla filosofia orientale, il Selbst ricorre nel pensiero di C.G. Jung per denominare l’insieme complesso dei fenomeni psichici, per cui si può dire che in generale il termine riunisce gli oggetti dell’esperienza (e quindi tutti i fenomeni della coscienza ossia i contenuti e i fattori coscienti), e insieme a questo presuppone ciò che in quell’ambito ancora non c’è (e quindi tutti i contenuti e fattori dell’inconscio, ovvero tutti quei fenomeni di quella parte della psiche rimasta, per la coscienza stessa, ancora inconoscibile e non delimitabile). Nell’intera letteratura junghiana e già negli stessi volumi delle Opere pubblicate in lingua italiana, moltissimi risultano gli usi del termine ma le definizioni che esso di volta in volta apre, possono es sere così raggruppate e distinte: 1. come legge morale del singolo, per cui si è rinviati alla nozione di dono; 2. come stato psichico, per cui si parla di un suo costante confronto con l’Io; 3. come stato psichico che però si produce all’interno del processo psichico stesso; 4. come Io oggettivo; 5. come fattore soggettivo, per cui si parla di percezione intuitiva del Selbst e del mondo complessivo, e si danno due precise antinomie: la prima è quella Selbst!M ondo e la seconda è quella Io/Selbst.

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