Oltre la svolta ermeneutica?

di Riccardo Dottori
«atque», 14-15, 1996, pp. 9-38

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Interpretazione e legittimazione 

Nell’ultimo volume della raccolta delle sue opere da lui stesso curata Gadamer parla di svolta ermeneutica (hermeneutische Wende) per caratterizzare quella rottura che il pensiero di Heidegger ha rappresentato nel panorama filosofico europeo del nostro secolo. Questa svolta va naturalmente distinta da quella che noi siamo ormai soliti attribuire al pensiero di Heidegger, detta la Kehre, e che indica invece il mutamento di prospettiva nel pensiero di Heidegger, od il suo rovesciamento, in quanto dalla impostazione ancora di stampo trascendentale del suo pensiero egli sarebbe passato a non porre più la domanda dell’essere a partire dal Dasein o dall’esserci dell’uomo, ma dalla prospettiva dell’esserci stesso, o da quel modo di svelarsi dell’essere, la aletheia dei greci, intesa come non latenza, Unverbor genheit, o radura, Lichtung , o come altro la vogliamo chiamare. La svolta ermeneutica rappresenterebbe invece quel momento originario del suo pensare che Gadamer avrebbe inteso poi sviluppare per proprio conto, pur seguendo ancora la via indicata dal maestro, e cioè quella della fenomenologia intesa come ontologia ermeneutica sviluppata sulla base dell’esserci dell’uomo. Così, parallelamente alle strutture della comprensione proprie dell’esserci, elaborate nella prima parte di Essere e tempo, Gadamer sviluppa la pre-struttura del comprendere nel concetto della coscienza storico-effettuale, quali il pregiudizio come condizione del comprendere, il circolo ermeneutico, il principio produttivo della distanza temporale e dell’applicazione della regola universale al caso singolo, la fusione degli orizzonti e così via.

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