L’identità è il destino dell’uomo

di Silvano Tagliagambe
«atque», 16, 1997, pp. 93-126

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  1. L’io come soggetto collettivo

Nella sua Introduzione a un recente, bel libro di Do­rato, sul quale avremo occasione di ritornare, Bodei ricorda un enigmatico frammento di Eraclito (119 DK), secondo cui ethos anthropo daimon, “il carattere dell’uomo è il [suo] destino”.

Forse questo passo, bellissimo e incisivo, può oggi apparirci meno oscuro, qualora si tengano presenti alcuni degli esiti cui è recentemente approdata l’analisi del problema dell’identità personale e della natura dell’io e della coscienza. A cominciare dalla posi zione recentemente assunta da Derek Parfit, il quale prende le mosse dalla idea che ciò che l’io è veramene possa essere più facilmente compreso «se suddividiamo la vita di una persona in quella di molteplici io» successivi e coesistenti. Per calarsi in un contesto del genere basta pensare, ad esempio, a situazioni nelle quali si verifichi una marcata attenuazione della connessione psicologica tra le diverse fasi o i diversi aspetti della nostra esistenza. «Una volta che tale attenuazione abbia avuto luogo, il mio io precedente può sembrare estraneo al mio io attuale e se questo non si identifica con quello, in qualche modo io penso quello come una persona diversa da me. Qualcosa di simile possiamo dire dei nostri io futuri».

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