Clinica della nostalgia e patologia del Nestos

di Romolo Rossi e Piera Fele
«atque», 17, 1998, pp. 67-82

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Il processo analitico è in qualche modo fondato sulla nostalgia, dato che si gioca sul filo dell’allora e dell’adesso, e lo sguardo rivolto indietro costituisce una condizione indispensabile per il suo sviluppo. Una componente nostalgica permea l’evolversi e il procedere dell’analisi, è un ingrediente fondamentale della relazione transferale, e rappresenta l’ostacolo forse più rilevante alla sua fine. Ma al di là della sua valenza intrinseca nel funzionamento del processo psicoanalitico, è possibile individuare e seguire il filo nostalgico che segna la vita di ognuno, su cui si fonda la tendenza a ipervalutare il passato e a costituire una mitologica età dell’oro verso cui tendere, e ad alimentare in ognuno, in diversa misura, una vena di laudatores temporis acti connessa al rimpianto di un mondo infantile che tuttavia delude ad ogni tentativo di ritorno.

Come spiegare questa dimensione psichica? La perdita andrebbe considerata come destino ineluttabile dell’uomo, ineluttabile perché non disgiungibile dall’evoluzione, che comporta la perdita dell’oggetto arcaico per poter aderire al nuovo oggetto, la perdita della situazione antica per potersi ripresentare nella situazione nuova, e così via.

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