Il problema della coscienza nella scienza della mente

di Paolo Francesco Pieri
«atque», 20-21, 1999, pp. 179-190

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Ancora oggi alcuni studiano soprattutto la capacità di avere sensazioni e intenzioni e quindi ciò che noi chiamiamo “essere coscienti” . Quando parlano del l’esperienza cosciente, si riferiscono al fenomeno per cui la mente (degli esseri umani adulti, ma anche quella dei bambini dotati di linguaggio così come quella dei bambini prelinguistici, qualcuno aggiungerebbe, senza esitazione, quella degli animali domestici e dei computer), è costituita non da uno bensì da innumerevoli, e talora simultanei, stati co scienti qualitativi. Chiamandoli “qualia”, questi stessi pensano infatti a oggetti “ordinari” della mente, per esempio a: colori e odori, sapori e dolori; e an cora, piaceri e emozioni, intenzioni e desideri, speranze e stati d’animo. Come è esperienza di tutti, tali “stati qualitativi di coscienza” sono innumerevoli e fanno riferimento a certe nostre esperienze quotidiane, che per tipologie e gradazioni dette qui alla rinfusa, sono: felicità o infelicità nell’amore, dolore per le atrocità, noia assoluta di un pomeriggio neanche troppo piovoso, eccitazione di una manifestazione sportiva, interesse modesto per una pagina di giornale, dissapore grave per un comportamento mole sto, piccola gelosia verso un collega, ansia più o me no grave rispetto a qualcosa, slanci, abbattimenti…

 

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