In ogni tempo si è assegnato ali’etica il massimo valore
come se tutti se ne aspettassero importanti conseguenze.
Ed è vero che l’etica, come è facile riconoscere,
tocca il punto più vulnerabile di ogni civiltà.
Perciò essa va intesa come un esperimento terapeutico,
come uno sforzo per raggiungere,
attraverso un imperativo del Super-io,
ciò che finora non fu raggiunto
attraverso nessun’altra opera di civiltà.
S. Freud, Il disagio della civiltà (1929), pp. 627-28.
La norma diventa sempre più superflua
in un orientamento collettivo della vita,
e con ciò la vera moralità va in rovina.
Quanto più l’uomo è sottoposto a norme collettive,
tanto maggiore è la sua immoralità individuale.
C.G. Jung, Tipipsicologici (1921), § 828, p. 464.
Tra l’impossibilità della comprensione teorica per i riconosciuti limiti della ragione e l’incessante incalzare della prassi, a questo punto cieca e a se stessa ignota, a gettare un po’ di luce può essere solo la parola mitica, eco lontana di una memoria stratificata, conferma indiretta dell’indicazione platonica: “co noscere è ricordare”.