Le figure etiche dell’esperienza analitica

di Luigi Aversa
«atque», 1 n.s., 2006, pp. 197-204

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La sincerità senza limiti che viene richiesta

come condizione maggiore e indispensabile al paziente

non sarebbe che morbosa passività o compiaciuto e pigro arrendersi

alla più facile delle modalità di colloquio

se non fosse capace di convergere

e di aderire concentricamente

– sia pure provvisoriamente –

verso quegli spazi di riferimento

che il dialogo via via offre come contributo

del discorso sulla psiche.

M. Trevi, Interpretatio duplex

 

 

Parlare di etica significa, soprattutto nel pensiero contemporaneo, porre un nodo cruciale, o perlomeno accogliere, la varietà e a volte il conflitto delle interpretazioni; perché se l’etica è quel campo che riguarda la responsabilità del soggetto e della sua azione nel mondo, che tipo di responsabilità e di azione dobbiamo intendere in un’epoca in cui il pensiero, da Nietzsche in poi, ha messo violentemente in crisi i fondamenti della soggettività? E inoltre, è possibile parlare di etica senza ripristinare, sia pure parzialmente, quel «luogo del giudizio» di cui parlava Hegel e senza imboccare quindi una via già percorsa ed esaurita dalla metafisica? In base a cosa si potrà stabilire giusta o ingiusta un’azione se i valori immutabili appartengono a un’epoca che sta per concludersi? E ancora, può il problema dell’etica essere ripensato alla luce del pensiero contemporaneo senza incorrere in «quell’oblio dell’essere» che come dice Heidegger ha contraddistinto il pensiero dell’Occidente?

 

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