Morire dal ridere. Quattro figure del Comico

di Antonino Trizzino
«atque», 2 n.s., 2007, pp. 79-92

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Caduta. Fenomenologia di Willy il Coyote

 

Nettuno ha sposato Venere sul tardi.

Si scherza mica tutti i giorni in casa degli Dei.

L.-F. Céline, Scandalo negli abissi, 1959

 

Nel riso cade la necessità di un supporto. Di un suolo precedente qualsiasi iscrizione e disponibile alle iscrizioni che lo segneranno. Il taglio che si apre sotto di me è un antidoto alla ragione. Getta nel vuoto ogni certezza, ma non lascia dubbi: il corpo che ride è un corpo in bilico tra il possibile e l’impossibile.

Non difenderemo male la causa del comico se tentiamo di scoprire come mai in un cartone animato, di per sé un universo finito, arbitrario, ma singolarmente intenso, un coyote possa, almeno fino a un certo punto, passeggiare nel vuoto. Come don Chisciotte nella battaglia contro i mulini a vento, Willy il Coyote è un recidivo. Consacra la vita a un unico assillo: catturare un velocissimo volatile della specie road runner.

La battaglia eterna è quella tra necessità e velocità, accelerazione e frustrazione. Willy potrebbe smettere subito, se non fosse un fanatico, se, come un fanatico, non raddoppiasse lo sforzo quando di mentica il suo scopo.

Lo scenario è il deserto californiano: ovunque canyon, vette, cactus e altri oggetti a sfidare la forza di gravità. L’equipaggiamento da caccia di Willy è tutto in un baule di prodotti della “Acme Corpora tion”.

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