Bachelard e la ‘rottura’ fenomenologica dell’istante

di Daniela Palliccia
«atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 257-291

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L’être humain n’est jamais fixé, il n’est jamais là, jamais vivant dans le temps où

les autres le voient vivre, où il dit lui-même aux autres qu’il vit […]. Où est le

temps qui marquerait d’un trait fort la dynamique de notre être, les dynamismes

multiples de notre être. Dans le règne du feu, nous sommes un brasier d’êtres.

En notre feu qui nous donne énergie et vie, où est le temps majeur: est-ce le

temps de la cendre qui tient au chaud le feu de demain?

Gaston Bachelard, Fragments dune Poétique du Feu

 

Se si vuol concepire, con una metafora, l’opera in sviluppo nella storia

come un rogo, il commentatore gli sta davanti come il chimico, il critico

come l’alchimista. Se per il primo legno e cenere sono i soli oggetti della

sua analisi, per l’altro solo la fiamma custodisce un segreto: quello della

vita. Così il critico cerca la verità la cui fiamma vivente continua ad

ardere sui ceppi pesanti del passato e sulla cenere lieve del vissuto.

Walter Benjamin, Angelus Novus

 

 

Oggi si torna a parlare di Gaston Bachelard. I suoi testi sono tradotti in America, e la sua generosa produzione teorica viene di nuovo a essere interrogata – tanto sul versante epistemologico quanto su quello letterario ed estetico – dopo una alterna fortuna disposta dal positivismo logico per un verso, e da uno strutturalismo oltranzista per l’altro, paradigmi poco inclini a ospitare le tensioni multiverse di questo pensatore.

Aperto alle più varie sollecitazioni disciplinari, Bachelard inizia, negli anni Trenta, a utilizzare la nascente teoria psicoanalitica all’interno della propria epistemologia.

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