- Una questione di stile
Ed è così che accade: se non cerchi di dire ciò che è indicibile, niente va perduto.
Ma l’indicibile sarà contenuto, indicibilmente, in ciò che è stato detto!
Ludwig Wittgenstein
Questo pensiero di Ludwig Wittgenstein è espresso in una lettera inviata nel 1917 all’amico Paul Engelmann come commento a una poesia di Ludwig Uhland, Il biancospino del conte Eberardo, da entrambi reputata magnifica ed esemplarmente rappresentativa di quell’ideale instancabilmente inseguito dal filosofo austriaco nell’arco di tutta la sua riflessione: comunicare l’inesprimibile non cercando di esprimerlo direttamente. Secondo i due amici, la poesia, mentre si limita con molta semplicità a narrare la storia del conte Eberardo e del suo biancospino, riesce indirettamente a trasmettere al lettore qualcosa di profondamente vero sul senso della vita: indirettamente, appunto, cioè senza pretendere di dire ciò che può solo essere mostrato. Soltanto un austero rispetto dei confini del dicibile rende possibile rispettare altrettanto quello che, debordando da quei limiti, emerge da sé, quasi decollando dal bordo delle parole dette. Si tratta qui di quello sfondo del linguaggio, definito il mistico ai tempi del Tractatus, che viene riargomentato nella speculazione successiva in tematiche difficilmente definibili, quale quella dell’atmosfera o dell’evidenza imponderabile.