Il pensabile e l’impensabile tra Wittgenstein e Bion

di Roberto Manciocchi
«atque», 5 n.s., 2008, pp. 75-99

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Uditore: «Potrebbe aggiungere qualcosa sulla differenza tra

ciò che lei chiama esperienza mentale ed esperienza sensibile»?

Bion: «In un certo senso questa è una domanda semplice e co

me tutte le domande semplici diventa impossibile rispondere.

Poniamola così: Domanda “che cos’è quello papà?” Risposta:

“quella è una vacca”. Domanda: “Perché è una vacca”?

Solo due domande e voi siete già nel mondo dell’ignoto (…)

alla fine di tutto potreste in effetti dire che l’esperienza men

tale e l’esperienza dei sensi hanno fatto all’amore tra loro e da

questo è scaturito il nome. Queste risposte però sono razio

nalizzazioni cioè risposte razionali e la questione potrebbe

non essere risolvibile in termini razionali».

 

Mentre riflettevo sul modo in cui iniziare le note che seguiranno, mi sono imbattuto in queste parole di Wilfred Bion che, sebbene in modo leggero, mi hanno riportato alle “reali” dimensioni della tematica da trattare. In effetti si tratta di dire qualcosa di sensato in merito ad argomenti vicini a un problema gigantesco e tutt’altro che risolto: quello del riferimento simbolico; un problema che ha sempre suscitato e suscita a oggi, dubbi epistemologici molto spinosi, come quelli relativi alla possibilità di vedere qualcosa come qualcosa; quelli legati ai rapporti fra percezione, astrazione, formazione di concetti, riconoscimento di significati e possibile presentazione di immagini nel linguaggio.

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