Varietà di esperienza percettiva: ‘vedere-in’ vs. scambiare qualcosa per un’altra

di Alberto Voltolini
«atque», 5 n.s., 2008, pp. 103-116

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Come, a partire da Wollheim, molti hanno rilevato, l’esperienza rilevante per la comprensione pittorica – l’esperienza di “vedere-in”– ha una sua fenomenologia distinta, che consiste nell’esperienza cosciente duplice della tela e del soggetto in essa raffigurato. Ora, questa fenomenologia non è solo, e ovviamente, distinta dalla fenomenologia che spetta alla percezione della tela per sé come oggetto materiale qualsiasi, preso del tutto indipendentemente dal suo valore figurativo, ma è anche distinta dalla fenomenologia che spetta a un’e sperienza molto affine, ossia all’esperienza che consiste nello scambiare qualcosa per qualcos’altro. Se così stanno le cose, seguono varie conseguenze rilevanti; per esempio, quella per cui l’esperienza del trompe l’oeil, riconosciuto come tale, è un’esperienza illusoria solo in un senso molto particolare.

In un articolo rimasto giustamente molto famoso, Richard Wol lheim ha sostenuto che alla base di ciò che fa di un’immagine un’immagine, di ciò che spiega cioè il suo potere figurativo, esiste un’espe rienza particolare caratterizzata da una fenomenologia complessa ma specifica: l’esperienza di “vedere-in”. Secondo Wollheim, quest’esperienza è per l’appunto complessa, caratterizzata da due lati: una percezione diretta cosciente dell’immagine come oggetto materiale particolare – nel caso di un quadro, per esempio, una percezione diretta di una tela – e una percezione indiretta altrettanto cosciente del soggetto raffigurato entro quell’immagine.

 

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