Le langage n’étant qu’intermédiaire,
il ne faut pas […] s’arrêter à lui.
On ne s’arrête enfin qu’à
ce qui étonne le corps.
P. Valéry, 1911
in memoriam Ludovico Gasparini
Questo contributo aspira a fornire le coordinate di riferimento entro le quali intendere, in maniera specifica, la ricerca sul linguaggio intrapresa, senza soluzione di continuità, da Paul Valéry e, più in generale, la sua ricerca di una forma atta a esprimere e comprendere– nel senso forte di “tenere insieme” – l’homme total, secondo tutte le sue contraddizioni e “multivocità”. Si tenterà di mettere in luce come la sua ricerca aspiri a evidenziare l’esistenza, nella realtà propria dell’ambito “vago e confuso” della sensibilità, di qualcosa di più (un “quid inalterabile”), che la percezione più netta e più completa non fa vedere e che l’espressione non riesce mai a comprendere o a esaurire. Si vedrà come tale constatazione d’insufficienza insita nel linguaggio, che passa attraverso la modalità critico-distruttiva di ogni fiduciarietà e credito che tale strumento porta in seno, schiuda l’orizzonte all’analisi delle forme-veicolo delle emozioni (ad esem pio, le esperienze dei grandi mistici), atte sia a comprendere l’ambito della sensibilità, sia a creare un effetto permanente e consistente (un pathos, un movimento) in colui che le incontra.