La psicoterapia, l’ironia, l’onestà

di Maria Ilena Marozza
«atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 99-112

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  1. La perdita dell’evidenza naturale dello psicoterapeuta attempato”

Egli non pensava molto, soltanto, senza mutar posizione e con un leggero

tentennare del capo, rivedeva la propria vita e la vita, in generale, che d’im

provviso gli appariva così lontana e strana, quel tumulto superfluo, rumoro

so, in mezzo al quale era stato e che inavvertibilmente s’era ritratto da lui e

sonava, adesso, lontano dalle sue orecchie in meravigliato ascolto (…).

Ogni tanto, fra sé, diceva a mezza voce: “Strano! Strano!” 

Thomas Mann, I Buddenbrook

 

L’immagine del vecchio Johann Buddenbrook che si avvicina al termine della vita con quel suo malinconico, attonito “strano” mi torna in mente di frequente in questi ultimi tempi.

Quello “strano”, detto da chi, ormai fuori dalla corrente della vita, è ancora in grado di guardarla e di meravigliarsene sembra scaturire da una sorta di involontaria epoché, fisiologicamente originata dalla deriva, tipica della vecchiaia, verso le sponde della vita. È uno di quei momenti critici nei quali, senza bisogno di particolari addestramenti, ci si trova a fermarsi e a guardare da fuori la realtà in cui si è stati immersi, accorgendosi così per la prima volta di come non sia tanto semplice né necessariamente scontato quel senso di naturalezza che di solito ci accompagna nel flusso dell’e sperienza vissuta.

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