Il giro della prigione

di Anna Fusco di Ravello
«atque», 11 n.s., 2012, pp. 63-74

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zenone, il medico e alchimista protagonista dell’Opera al nero di Marguerite Yourcenar che ha lo stesso nome del filosofo di Elea famoso per il paradosso di Achille e la tartaruga, afferma: «Chi sareb be così insensato da morire senza aver fatto almeno il giro della propria prigione?».

L’uomo è un animale camminatore. E cammina. Va camminando per il mondo da più di due milioni di anni. Se si considera la massi ma di Lao Tse che recita: «un buon camminatore non lascia tracce dietro di sé», l’uomo è un pessimo camminatore perché ha lasciato tali e tante tracce nelle sue migrazioni, scoprendo nuovi territori, in contrando etnie e specie diverse, contaminandosi e contaminando in un “gioco” articolato e complesso, di culture e linguaggi anche appena articolati, o anche invadendo e prevaricando, fino a essere l’unica specie homo, in particolare sapiens in tutto il pianeta.

quella che vado narrando è una storia lunga che non è ancora finita perché è in qualche modo iscritta indelebilmente nella vita stessa degli uomini e delle donne, nel loro DnA, nella loro mente, nei loro desideri inespressi, nel loro essere curiosi. È un racconto che si dipana lungo le strade che la specie homo ha percorso nelle sue molteplici e millenarie migrazioni da quando si è inoltrato in tutto il vecchio mondo intessendo rapporti e creando cultura, per il fatto stesso di essersi spostato. L’uomo è un animale migratore.

E migrando lascia segni. L’homo ergaster, l’uomo in grado di la vorare, una definizione applicata ai ritrovamenti fossili che vengono

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