Zero come simbolo: uno sconfinamento indeterminato

di Enrico Castelli Gattinara
«atque», 11 n.s., 2012, pp. 95-112

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La vera matematica è l’elemento vero e proprio del mago.

novalis

 

 

La matematica è un simbolo della scienza (e del sapere più alto): non si dimentichi infatti la presunta iscrizione sull’Accademia dove in segnava Platone, “non entri qui nessuno che sia ignorante di geometria”. Simbolicamente, il sapere matematico rappresenta (o ha rappresentato) il sapere scientifico più efficace e preciso, vale a dire il rigore di un metodo capace di applicarsi a se stesso e al contempo generatore di nuove conoscenze. Ovviamente, la matematica non è un’immagine della scienza, non ne è la rappresentazione emblematica; eppure spesso viene indicata proprio come il simbolo per eccellenza della conoscenza scientifica. Anche perché è la sola scienza – oltre alla logica, sul cui statuto di scientificità occorre però discutere – che oltre ad avere un ruolo simbolico, ha anche un contenuto e un assetto basato su simboli. Ma è un ruolo difficile, quello di esser simbolo di qualcosa.

C’è per esempio una famosissima opera di Albert Dürer, La malinconia (figura 1), che ha molti simboli della matematica. Cosa sono però “i simboli” della matematica? Sono i suoi strumenti? Il com passo, per esempio, o il romboide solido rappresentato nell’incisione? O il quadrato magico? Altri simboli sono presenti, che per l’arti sta erano altrettanto importanti: alchemici, magici, epici, religiosi. La matematica cosa deve per esempio all’alchimia, e cosa viceversa? Come fa qualcosa a diventare simbolo di qualcosa?

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