Alcune linee di sviluppo del recente dibattito sulle emozioni

di Mariagrazia Portera – Freie Universität Berlin | Università di Firenze
«atque», 18 n.s., 2016, anteprima

Nell’arco degli ultimi due decenni, la letteratura specialistica sul tema delle emozioni si è accresciuta notevolmente. Questo censimento vuole però individuare soltanto alcune delle piste dove si sono snodate le ricerche, privilegiando quelle di impianto interdisciplinare che hanno mirato a far interagire la filosofia delle emozioni con gli apporti innovativi delle scienze, naturali e sociali.

Uno dei loro tratti caratteristici, infatti, è senz’altro l’approccio interdisciplinare: psicologia cognitiva, neurobiologia, biologia evoluzionistica, teorie dell’intelligenza artificiale, sociologia, antropologia, teorie dell’arte hanno dischiuso negli ultimi anni prospettive interessanti sulla natura, il significato e il funzionamento delle emozioni, contribuendo ad arricchire un orizzonte d’indagine composito, che si sottrae a irreggimentazioni nette. Ispirandosi a tale approccio interdisciplinare, sono sorti in questi anni centri di ricerca e gruppi d’indagine specialistici sul tema delle emozioni. Il Centro di Ricerca nazionale “Affective Sciences – Emotions in Individual Behaviour and Social Processes” (NCCR Affective Sciences), presso l’Università di Ginevra in Svizzera, è tra i poli di ricerca più importanti al mondo per lo studio in chiave interdisciplinare delle emozioni e dei loro effetti sul comportamento umano e sulle dinamiche sociali, con più di cento ricercatori di varie specializzazioni coinvolti nei numerosi progetti di ricerca. Dal 2007 al 2014 il cluster di eccellenza “Languages of Emotions”, attivo presso la Freie Universität di Berlino, ha svolto ricerche interdisciplinari sull’interplay tra emozioni, arti, trasmissione dei contenuti culturali e linguaggio, producendo circa un migliaio di pubblicazioni specialistiche e avvalendosi della collaborazione del Dahlem Institute of Neuroimaging of Emotion, per lo studio dei fondamenti neurofisiologici delle emozioni.

Del lavoro del Centro di Ricerca svizzero “Affective Sciences” si tornerà a discutere in seguito, illustrando brevemente le pubblicazioni principali di Klaus Scherer, attivo a Ginevra e tra i massimi rappresentanti della “teoria dell’appraisal” emozionale; in questa rassegna, inoltre, si tratterà brevemente: della linea d’indagine relativa alla “evoluzione delle emozioni”, con i contributi sul tema di psicologi evoluzionistici e teorici dell’evoluzione; delle recenti prospettive neurobiologiche sulle emozioni; delle letture antropologiche e sociologiche delle emozioni (in particolar modo l’amore e altre emozioni connesse alla relazione tra i sessi) e di quelle di stampo fenomenologico, con un’incursione conclusiva sul tema delle emozioni estetiche.

A interessarsi alle emozioni in prospettiva evoluzionistica, in particolare alle loro modalità d’espressione, fu anzitutto Charles Darwin, il “padre” della teoria biologia dell’evoluzione per selezione naturale, con la pubblicazione del 1872 L’espressione delle emozioni nell’uomo e in altri animali. Oggi la psicologia evoluzionistica contemporanea (tra gli altri, John Tooby, Leda Cosmides, David Buss, James Roney, Jeremy Barkow, molti dei quali affiliati presso il Center for Evolutionary Psychology della University of California, Santa Barbara) annovera le emozioni tra i propri settori d’indagine peculiari. La definizione “classica” dell’approccio alle emozioni della scuola di Santa Barbara risale già agli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso; tuttavia, un gran numero di pubblicazioni continua ancora oggi a essere prodotto sul tema, senza sostanziali modifiche rispetto alla linea interpretativa consolidata (si veda, per esempio, L. Cosmides, J. Tooby, Evolutionary Psychology and the Emotions, in M. Lewis, J. M. Haviland-Jones, Handbook of Emotions, Guilford, New York 2000, pp. 91-115, che riprende il classico J. Tooby, L. Cosmides, The Past Explains the Present: Emotional Adaptations and the Structure of Ancestral Environments, in «Ethology and Sociobiology», 11, 1990, pp. 375-424).

Il punto di partenza dell’interpretazione psico-evoluzionistica delle emozioni è una teoria modularista della mente. La mente umana è un agglomerato specie-specifico di numerosi moduli dominio-specifici plasmati dalla selezione naturale per la risoluzione di problemi adattativi, sostanzialmente gli stessi, per gli Homo sapiens contemporanei, di quelli affrontati dai nostri antenati pleistocenici (all’incirca a partire da un milione e ottocentomila anni fa): procurarsi il cibo, difendersi dai predatori, scegliere un partner sessuale che garantisca il successo riproduttivo, allevare i figli ecc. Che cosa succede quando questi moduli («a crowded zoo of evolved domain-specific programs», per usare i termini di Tooby e Cosmides 2000, p. 91) sono costretti a operare insieme, per esempio per portare a termine operazioni cognitive complesse, che richiedono una cooperazione inter-modulare? La tesi degli psicologi evoluzionisti della scuola di Santa Barbara prevede che, per evitare potenziali conflitti o crash di sistema tra moduli incapsulati, la selezione naturale abbia dotato gli esseri umani di un «mechanism orchestration» (ivi, p. 92), cioè di sovra-programmi che coordinano l’attività dei sub-programmi modulari: le emozioni, appunto, adattamenti originatisi per l’armonizzazione e organizzazione gerarchica dei sub-programmi specifici. In questo senso, le emozioni si distinguono nettamente dai vari effetti dipendenti dai moduli che coordinano: «un’emozione non è riducibile ad alcuna categoria di effetti, né a effetti fisiologici né a inclinazioni comportamentali, valutazioni cognitive o stati sentimentali, poiché implica in sé istruzioni che si sono evolute per tutti questi meccanismi nel loro complesso» (ivi, p. 93).

 

Come accennato, in anni recenti una prospettiva parimenti interdisciplinare sulle emozioni, funzionalista ma non strettamente adattazionista (com’è invece quella avanzata dalla scuola di Santa Barbara) è venuta dal centro di ricerca “Affective Sciences – Emotions in Individual Behaviour and Social Processes”, presso l’Università di Ginevra, guidato da Klaus Scherer.

Scherer e il suo gruppo di ricerca sostengono la centralità del processo di appraisal – cioè l’individuazione ed evaluation del significato di certi stimoli ambientali per la soddisfazione dei bisogni e obiettivi dell’organismo – ai fini dell’innesco, regolazione e differenziazione degli episodi emozionali (si veda, per esempio, K. Scherer, A. Schorr, T. Johnstone, Appraisal Processes in Emotion: Theory, Methods, Research, Oxford University Press, Oxford 2001; A. Moors, P.C. Ellsworth, K. Scherer, N.H. Frijda, Appraisal Theories of Emotion: State of the Art and Future Development, in «Emotion Review», 5, 2, 2013, pp. 119-124). L’appraisal, che non soltanto avvia ma, attraverso una complessa azione ricorsiva, regola e sincronizza le componenti dell’episodio emozionale, inteso come un processo multidimensionale, non esige necessariamente un complesso calcolo cognitivo consapevole: spesso accade in modo automatico e inconsapevole. Il cosiddetto component process model (cfr. K. Scherer, The Dynamic Architecture of Emotion: Evidence for the Component Process Model, in «Cognition and Emotion», 23, 7, 2009, pp. 1307-1351; K. Mulligan, K. Scherer, Toward a Working Definition of Emotion, in «Emotion review», 4, 4, 2012, pp. 345-357; J.R.J. Fontaine, K. Scherer, E.B. Roesch, P.C. Ellsworth, The World of Emotions Is Not Two-Dimensional, in «Psychological Science», 18, 12, 2007, pp. 1050-1057) precisa le componenti implicate nell’episodio emozionale, cioè quella cognitiva, neurofisiologica, motivazionale, espressivo-motoria e della sensazione soggettiva dell’emozione, descrivendone le modalità di interrelazione e sincronizzazione (K. Scherer, What Are Emotions? And How Can They Be Measured?, in «Social Science information», 44, 4, 2005, pp. 695-729). In breve, sulla base delle teorie dell’appraisal – che attualmente svolgono un ruolo di primo piano nelle neuroscienze affettive – l’emozione è definita come quel processo che si innesca in risposta a eventi che risultano significativi per gli obiettivi, le motivazioni e i bisogni fondamentali dell’individuo.

In alcune pubblicazioni recenti (si veda per esempio K. Scherer, T. Bänziger, E. B. Roesch, Blueprint for Affective Computing: A Sourcebook, Oxford University Press, Oxford-New York 2010), Scherer applica i risultati della propria indagine sulle emozioni al campo di ricerca della Affective Computing, relativo allo studio e progettazione di macchine in grado di individuare, rispondere-a e simulare episodi emozionali.

 

La ricerca sui fondamenti neurobiologici delle emozioni si è arricchita negli ultimi due decenni di contributi di grande rilievo: si vedano, tra i molti lavori, il classico volume di J. LeDoux del 1998 (The Emotional Brain: The Mysterious Underpinnings of Emotional Life, Simon and Schuster, New York), e le importanti ricerche di Jaak Panksepp, la cui descrizione della vita emotiva dei mammiferi (non esclusivamente umani) prevede l’individuazione di sette sistemi affettivi di base (seeking, cioè piacere della ricerca/curiosità; fear, paura/ansia; rage, rabbia; lust, piacere/eccitazione sessuale; care, cura; panic/grief, panico/tristezza; play, gioco sociale), ciascuno dei quali individua network funzionali specifici in regioni evolutivamente molto antiche, subcorticali, del cervello mammaliano (si veda: J. Panksepp, Affective Neuroscience: the Foundations of Human and Animal Emotions, Oxford University Press, New York-Oxford 1998; Id., “The Affective Brain and Core Consciousness. How Does Neural Activity Generate Emotional Feelings?”, in M. Lewis, J.M. Haviland-Jones, L. Feldman Barrett (a cura di), Handbook of Emotions, Guilford University Press, New York 2008, pp. 47-67; J. Panksepp, L. Biven, The Archaelogy of Mind. Neuroevolutionary Origins of Human Emotions, Norton & Company, New York 2012).

Nel 1999 (con The Brain and Emotion, Oxford University Press, Oxford) e nel 2005 (con Emotion Explained, Oxford University Press, Oxford) lo psicologo e neuroscienziato Edmund Rolls, già professore di Psicologia sperimentale presso l’Università di Oxford e attualmente Honorary Fellow in Applied Neuroimaging a Warwick, ha proposto una composita teoria delle emozioni come stati edonici positivi o negativi prodotti in base a un meccanismo generale di ricompensa e punizione messo a punto dall’evoluzione biologica, al fine di garantire la trasmissione trans-generazionale di informazione genetica vantaggiosa.

Nella primavera del 2015 la rivista «Physics of Life Review» ha ospitato il contributo di S. Koelsch, A. M. Jacobs, W. Menninghaus, K. Liebal, G. Klann-Delius, C. von Scheve, G. Gebauer, “The Quartet Theory of Human Emotions: An Integrative and Neurofunctional Model”, il quale, pur prendendo le mosse dai risultati dell’indagine recente sui fondamenti neurobiologici delle emozioni (condotta prevalentemente in prospettiva cross-specifica e sulla base di dati relativi a animali non umani – è il caso, per esempio, di Panksepp), intende colmare alcune lacune nello stato dell’arte, anzitutto riguardo la descrizione delle emozioni specificamente umane (per esempio le emozioni sociali complesse e le emozioni morali) e il rapporto tra emozioni e linguaggio.

La Quartet Theory propone l’individuazione di quattro classi di affetti fondamentali (o sistemi affettivi, affect systems), ciascuna delle quali origina da attività neurale in una zona specifica del cervello: troncoencefalo, diencefalo, ippocampo e corteccia orbito-frontale. I sistemi affettivi interagiscono tra loro e con i sistemi emozionali effettori (emotional effector systems), cioè con i sistemi che presiedono alle action tendencies, all’espressione emozionale (per esempio espressioni facciali e vocalizzazioni), alla modulazione dell’arousal fisiologico, all’attenzione e alla memoria. L’interazione reciproca tra affects ed effectors è monitorata e regolata dai sistemi di controllo limbici e paralimbici.

La teoria approda a una definizione dell’emozione (umana) come il risultato integrato di attività sia nei sistemi affettivi sia nei sistemi emozionali effettori, da cui emerge un emotion percept, cioè una sensazione soggettiva preverbale dell’emozione, che può essere riconfigurata e rimodulata nel linguaggio e che può innescare un processo consapevole di appraisal cognitivo. La Quartet Theory, tra i molti spunti interessanti, contribuisce a depotenziare ulteriormente la contrapposizione tra processi emotivi e processi cognitivi, mostrando per esempio come nell’ippocampo risultino co-localizzati processi mmenonici, di apprendimento ed emozionali.

 

Collocandosi su un terreno d’indagine assai distante dalla neurobiologia, dalla scienza cognitiva e dalla teoria evoluzionistica, nel 2004 Sara Ahmed, della Goldsmiths University di Londra, ha pubblicato The Cultural Politics of Emotion (Routledge, nuova edizione nel 2014), che muove dalla tesi secondo cui le emozioni non sono stati della mente bensì costruzioni culturali. Il volume s’inscrive nella tradizione dei cultural studies, dei gender studies e della sociologia e antropologia delle emozioni, un filone assai fiorente anche in anni recenti. La sociologa Eva Illouz, della Hebrew University di Gerusalemme, ha dedicato numerosi studi all’intreccio tra emozioni e società capitalistica, con particolare attenzione all’esperienza dell’amore e alle emozioni che accompagnano la relazione tra i sessi, per esempio in Cold Intimacies: The Making of Emotional Capitalism, Polity Press, London 2007, e Why Love Hurts: A Sociological Explanation, Polity Press, London 2012.

Nel solco degli studi condotti negli ultimi trent’anni presso il Centro di Ricerca in Antropologia Storica della Freie Universität di Berlino e in collaborazione con il cluster di eccellenza “Languages of Emotions”, l’antropologo e storico della cultura Christoph Wulf ha curato nell’ultimo decennio pubblicazioni di rilievo sul tema delle emozioni in quanto fenomeni storico-culturali, e sul rapporto tra emozioni e memoria, emozioni e rituali, emozioni e immaginazione, anche in prospettiva interculturale. Si vedano, per esempio: Ch. Wulf, S. Klien (a cura di), “Well-Being. Emotions, Rituals and Performances in Japan”, in «Paragrana. Internationale Zeitschrift für historische Anthropologie», 22, 1, Akademie Verlag 2013; Ch. Wulf, A. Michaels (a cura di), Emotions in Rituals and Performances. South Asian and European Perspectives on Ritual and Performativity, Routledge, London 2012; Ch. Wulf, S. Suzuki, J. Zirfas, I. Kellermann, Y. Inoue, F. Ono, N. Takenaka, Das Glück in der Familie: Ethnographische Studien in Deutschland und Japan, VS Verlag 2011; Ch. Wulf, J. Poulain, F. Triki (a cura di), Emotionen in einer transculturellen Welt, in «Paragrana. Internationale Zeitschrift für historische Anthropologie», 20, 2, Akademie Verlag 2011.

 

Limitatamente al contesto di lingua italiana, chi scrive si permette infine di segnalare la pubblicazione a cura di Giovanni Matteucci e Mariagrazia Portera (La natura delle emozioni, Mimesis, Milano 2014), che raccoglie contributi di vario indirizzo e tradizione sul tema delle emozioni, offrendo un conciso saggio delle direzioni più recenti della ricerca. Tra i vari saggi, il contributo di Tonino Griffero (L’autorità (atmosferica) di emozioni e sentimenti: obiezioni e repliche, ivi, pp. 145-169) approfondisce alcuni aspetti della teoria “atmosferologica” delle emozioni, d’impianto neo-fenomenologico, cui Griffero dedica in anni recenti numerose pubblicazioni (per esempio, T. Griffero, Atmosferologia. Estetica degli spazi emozionali, Laterza, Roma-Bari 2010; Id., ‘Non meno oggettivi delle strade’. La spazialità atmosferica di passioni e sentimenti”, in V. Del Marco, I. Pezzini, (a cura di), Passioni collettive. Cultura, politica e società, Edizioni Nuova Cultura, Roma 2012, pp. 95-109). La tesi fondamentale dell’autore, che si rifà, tra gli altri, ai lavori di Gernot Böhme e Hermann Schmitz sul tema, prevede che le emozioni siano intese non come stati psichici del soggetto bensì come qualità spaziali effuse e diffuse intorno a noi, per lo più resistenti ai nostri tentativi di trasformazione proiettiva. “Quasi-cose”, sopravvenienti rispetto agli elementi fisico-materiali dello spazio in cui sono effuse, alle emozioni atmosferiche va riconosciuta la capacità di influenzare le nostre “prime impressioni” relativamente a eventi, oggetti, luoghi, indirizzando efficacemente i comportamenti, azioni e giudizi di chi vi è esposto.

Compreso nella medesima raccolta, il contributo di Fabrizio Desideri (“Emoticon. Grana e forma delle emozioni”, ivi, pp. 89-107) mette ulteriormente a fuoco il significato delle emozioni per l’esperienza estetica, sottolineando il carattere intimamente espressivo dell’episodio emozionale, cioè il suo essere «disposizionalmente correlato a manifestazioni sensibili e a segni di qualche tipo» e analizzando la relazione tra emozione e linguaggio. Adeguatamente modulate e filtrate, le emozioni risultano una delle componenti essenziali di quella sintesi densa, cognitivo-affettiva-ambientale, che è l’esperienza estetica (per uno sviluppo più ampio di tali tesi si veda F. Desideri, La percezione riflessa. Estetica e filosofia della mente, Cortina, Milano 2011). La natura e il funzionamento delle emozioni estetiche costituisce oggi uno dei temi d’indagine più dibattuti nell’estetica contemporanea: per un primo orientamento, si veda il capitolo dedicato da J.-M. Schaeffer alle emozioni nel contesto dell’esperienza estetica in L’expérience esthétique, Gallimard, Paris 2015, e il saggio di J. Prinz, “Emotion and Aesthetic Value”, in E. Schellekens, P. Goldie, The Aesthetic Mind: Philosophy and Psychology, Oxford University Press, Oxford 2011.

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