Il linguaggio è sicuramente lo strumento principale attraverso cui si svolge l’esperienza psicoanalitica, ma non è terapeutico di per sé. I fattori terapeutici vanno ricercati piuttosto nella trasformazione emozionale che esso consente. Per questo la psicoanalisi, più che una talking cure, è una terapia attraversata dal linguaggio. Questo porta l’autore a discutere quali cambiamenti possa apportare alla relazione analitica il riferirsi preferenzialmente alla interpretazione, oppure alla narrazione oppure alla traduzione. Vengono così indagate le maggiori potenzialità di un lavoro analitico inteso come lavoro traduttivo e vengono esaminati i tre paradossi con cui tale paradigma ci confronta: 1) lo sforzo di comprendere il paziente si accompagna al riconoscimento dell’inevitabile tradimento a cui questo ci espone; 2) se la traduzione è volta a limitare l’incomprensibile, proprio l’incomprensibile garantisce la fedeltà e il rispetto dell’alterità; 3) la traduzione implica una trasformazione dell’irrappresentabile in rappresentazione, ma tuttavia esito altrettanto importante dell’analisi è la trasformazione inversa dalla rappresentazione all’irrappresentabile.
Parole chiave: linguaggio, traduzione, intraducibile, rappresentazione, irrappresentabile
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