A partire dal percorso teorico e critico di Roland Barthes, tra gli anni ’70 e ’80, si definisce un processo che, attraversando la critica del post strutturalismo, rifiuta le tradizionali modalità della scrittura per sostituirvi quelle che ne testimoniano le radici materiali, corporee. Ricordando le riflessioni di Zumthor sulla tradizione della vocalità, il complesso quadro antropologico tracciato da Bologna sulla centralità dell’esperienza della voce, e quello dell’affabulazione propria della cultura militante femminista, sulle teorizzazioni di Adriana Cavarero, si approda al riconoscimento dei valori antiautoritari della voce, nella contrapposizione dialettica tra Pensiero unico e Pensiero del molteplice. Da Barthes a Ong, da Zumthor a Bologna, da Benjamin a Cavarero, la voce si confronta con l’universo dei corpi e delle parole, dette e scritte.
Parole chiave: voce, scrittura, corpo, critica, tradizione.
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