Davidson, Freud e i paradossi dell’irrazionalità

di Alessandro Pagnini
«atque», 8, 1993, pp. 153-180

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Hobbes diceva che l’uomo “ha il privilegio dell’assurdità”; Pascal, similmente, riteneva che “gli uomini sono cosi necessariamente pazzi che il non essere pazzo equivarrebbe a esser soggetto a un altro genere di pazzia”. Spesso si è stati tentati di definire la specificità della mente umana attribuendole il carattere peculiare dell’incoerenza nelle credenze, della non consequenzialità dei giudizi, dell’inconsistenza tra intendere e agire: in una parola, attribuendole il “privilegio” (invero scomodo e problematico) del l’irrazionalità. Ma che le si attribuisca o meno un valore definitorio e caratterizzante, l’irrazionalità è comunque oggi al crocevia di molteplici interessi. Etologi, psicologi, sociologi, economisti, “games theorists”, filosofi, logici (soprattutto quelli che si occupano di logiche paraconsistenti) offrono sul tema una vasta gamma di prospettive, non propriamente convergenti, ma certo complementari o almeno proficuamente confrontabili.

Nelle pagine che seguono mi occuperò di una prospettiva strettamente filosofica in tema di irrazionalità ; prospettiva che, come vedremo, pur non disdegnando il ricorso a categorie e strumenti d’a nalisi mutuati ‘dalla psicologia, mantiene però fermo l’interesse analitico ed epistemologico che configura il particolare tipo di ricerca da cui proviene.

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