Del comprendere. A partire da Wittgenstein

di Fabrizio Desideri
«atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 137-156

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Si potrebbe anche chiamare filosofia

tutto ciò che è possibile prima di ogni nuova scoperta e invenzione.

L. Wittgenstein

 

 

Comprendere in genere

 

Riguardo al problema della comprensione, come riguardo a ogni altro problema filosofico, sarà bene esercitare una sana diffidenza nei confronti di facili o difficili generalizzazioni, come se vi fosse una qualche essenza del comprendere, chiarita la quale tutto il resto ne discende. Anche a questo proposito, seguendo l’invito del Wittgenstein delle Ricerche filosofiche, è più opportuno e fecondo fermarsi a consi derare quel che facciamo quotidianamente quando parliamo di avere o non avere compreso qualcosa. Subito, guardando a ciò che sta abitualmente sotto i nostri occhi, risalteranno differenze circa il senso del comprendere. Pensiamo, ad esempio, a come differente – quanto al l’uso del verbo “comprendere” – sia il significato della proposizione: “Non hai compreso quanto ti ho detto, io volevo dire…” dalla se guente: “Tu non mi comprendi! Tra noi c’è proprio qualcosa che non va…”. Nel primo caso a non essere compreso è il significato di una proposizione, nel secondo è una persona, forse quanto sta attualmente vivendo e provando o qualcosa del genere.

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