Distinzione e riflessione

di Giuseppe Trautteur
«atque», 16, 1997, pp. 127-142

Scarica intero Articolo

In un volume nato da un convegno sulla coscienza, i curatori (Marcel e Bisiach, 1988) sentirono la necessità di difendere la legittimità del loro oggetto di studio. Qualche anno dopo, l’incredibile aumento e il largo consenso delle pubblicazioni sull’argomento ci hanno liberato dalla necessità di una tale giustificazione. E tuttavia il venire meno di questa necessità porta ancora con sé una certa inquietudine. Per qua le motivo se ci si occupa della coscienza si sente il bisogno di spiegare meglio cosa ciò significhi al nostro collega che magari sta lavorando, per dire, alla teoria dell’omotopia, mentre egli non sente la stessa esigenza? Credo che la ragione sia che lo studio della coscienza è in larga misura ricerca intorno a ciò che “coscienza” significa. Peggio: non vi è alcuna metodologia condivisa. In uno studio sulla coscienza si deve sempre ricorrere a metodologie “regionali”, in accordo al proprio orientamento, metodologie che in parte determinano che tipo di coscienza si sta studiando. Alcuni di questi orientamenti e metodologie saranno brevemente ricordati di seguito. 

  1. Alcuni approcci alla coscienza

La coscienza, naturalmente, è stata affrontata dalle più diverse discipline, ma certamente i tentativi più antichi appartengono alla filosofia. Oggi è la filosofia della mente che in un senso in qualche modo “ufficiale” domina il campo e si confronta con l’intera varietà delle nozioni distinguibili: coscienza, consapevolezza, autocoscienza, auto consapevolezza, contenuti di coscienza e simili. Si possono trovare per esempio in Lycan (1987) o Flanagan (1992) -bibliografie aggior nate, così come liste ragionate di termini, posizioni e teorie.

Pubblicato in Articoli
Ricerca Fascicoli e Articoli
Tipo
Anno
Fascicolo