Empatia e rappresentazione della conoscenza

di Silvano Tagliagambe
«atque», 25-26, 2002, pp. 35-72

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1. Lo spostamento dell’empatia dal piano psicologico a quello logico

Quali sono i punti di forza e di debolezza di una teoria, come quella dell’empatia (dal greco empatheia, “passione”), secondo la quale la chiave per la comprensione di un altro soggetto consiste nella capacità di proiettare se stesso nella sua struttura interna e di identificarsi con lui in una sorta di comunione affettiva?

Questa è una delle domande cruciali che Popper si pone quando si interroga sul processo attraverso il quale un soggetto conoscente qualunque può arrivare a comprendere le azioni di un altro essere umano. A suo giudizio, l’idea avanzata, per esempio, da Collingwood, secondo la quale un’azione altrui può  essere compresa se e solo se l’interprete la può “rivivere”, ha il merito di porre una questione essenziale, quella dell’esigenza, per lo storico, di valutare le scelte e le decisioni dell’agente non soltanto riferendosi ai risultati conseguiti, ma anche alla luce del “progetto” e delle “motivazioni” che ne erano alla base.

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