Fenomenologia del primo incontro. Vissuti di estraneità e capacità di improvvisare del terapeuta

di Paola Cavalieri
«atque», 10 n.s., 2012, pp. 213-224

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Introduzione

 

Partendo da alcune osservazioni cliniche, tenterò di elaborare delle riflessioni che potrebbero essere utili nel lavoro quotidiano con i nostri pazienti. Mi soffermerò su ciò che accade nel primo incon tro, con uno sguardo rivolto in particolare ad alcuni vissuti indotti dai primissimi scambi intersoggettivi. La mia attenzione si focalizzerà su questo tema nel tentativo di rispondere, sebbene in modo assolutamente parziale, a delle domande banali che spesso mi pongo: cosa contribuisce alla riuscita del primo incontro e, di conseguenza, del rapporto terapeutico? Perché alcuni pazienti restano per anni e altri vanno via dopo qualche mese o subito dopo il primo incontro? Sappiamo bene come il paziente e il terapeuta sviluppino, già prima dell’incontro reale, l’uno delle fantasie, consce e inconsce, a volte so gni, su come sarà l’incontro e su come sarà il terapeuta, l’altro delle fantasie sul paziente, stimolate dall’anticipazione di un collega in viante o da un contatto telefonico diretto. In alcuni casi queste anticipazioni porteranno il terapeuta verso riflessioni preliminari a sfondo diagnostico, che dovranno essere sospese nel momento in cui egli incontrerà realmente il paziente. Tenderanno dunque a verificarsi, rispettivamente nel paziente e nel terapeuta, delle configurazioni an ticipatorie di transfert e di controtransfert.

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