Gadamer, Jung e Bateson. Il colloquio psicoterapeutico in forma di dialogo

di Giorgio Concato
«atque», 6, 1992, pp. 131-158

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È possibile considerare il colloquio psicoterapeutico come un dialogo? Rivedere il colloquio terapeutico attraverso il modello di dialogo offertoci dalla tradizione filosofica, ci aiuta a capirne la peculiare struttura comunicativa, nonché le possibilità e i limiti della comprensione che in esso si realizza?

Per entrare nel senso di questi interrogativi, mi rivolgerò innanzitutto alla riflessione sul dialogo platonico a cui Gadamer dedica un capitolo di Verità e Metodo.

 

1.   Il primato della domanda 

In quel capitolo, intitolato “il primato ermeneutico della domanda”, che serve a Gadamer soprattutto come spunto per la chiarificazione del carattere linguistico del fenomeno ermeneutico, egli individua nella struttura logica del dialogo l’essenza stessa del linguaggio. Come è noto, Gadamer sostiene che solo nel linguaggio si dà un mondo, che solo attraverso la possibilità di essere espresse nel linguaggio le cose vengono ad esistere; e sostiene che l’orizzonte del linguaggio, cioè la determinazione storica della sua possibilità espressiva, coincide con il mondo che in esso si esprime. Ma “il linguaggio ha il suo vero essere solo nel dialogo, cioè nell’esercizio dell’intendersi”. Il mondo è dunque quel “terreno comune […] che lega l’uno all’altro tutti i parlanti” e il linguaggio, in cui il mondo appare, è “essenzialmente il linguaggio del dialogo”.

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