Il principio dell’io. Io, gli altri, l’alterità come abisso

di Mario Ruggenini
«atque», 9, 1994, pp. 21-46

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I. L’io come principio: ma da dove comincia l’io?

Da dove parte il discorso sull’io, ovvero qual’è il principio dell’io? La risposta a questa domanda non cessa di apparire scontata alla cultura prevalente, ispirata dalle grandi decisioni metafisiche della modernità. Essa fa appello, subendo la forza di un vincolo istituito da Cartesio, a una presenza di sé a sé che appare innegabile, anzi, dopo secoli di cartesianismo più o meno sofferto, pressoché a portata di mano al più ordinario impegno di riflessione. Tale autopresenza sembra altresì preliminare all’esperienza che ciascuno fa delle cose e degli eventi del mondo, ivi inclusa la possibilità di incontrare altri soggetti o esistenze. L’autopresenza è insomma la base dell’eteropresenza, o questa non può darsi senza quella. Al punto che quando, in tempi assai recenti, la fenomenologia di Lévinas esplicita con forza, rispetto a Husserl, l’esigenza di rompere la chiusura monologica del cogito e di imporre alla filosofia il rapporto ineludibile con l’altro, continua tuttavia a concepire la relazione del ”face-à-face […] camme allant de Moi à l‘Autre”.

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