Leggendo l’opera di Freud da una prospettiva wittgensteiniana , si può ricevere l’impressione di imbattersi costantemente in uno speciale gioco linguistico: quello della cura. Le proposizioni di Freud appaiono, cioè, avere la funzione di curare o, limitroficamente, di cercare una cura, di convincere a guarire (modificarsi), di insegnare a curare. Per attuare un gioco linguistico occorre che taluni elementi della proposizione acquisiscano una speciale fruizione grammaticale e semantica. Nel gioco linguistico della cura questa sorte ricade, in làrga misura, sul concetto di “sapere” o, con maggiore esattezza, sulla costellazione di termini quali “sapere”, “conoscere”, “ignorare”, “disconoscere” . Fra cura e sapere, non a caso, nella psicoanalisi freudiana, esiste idealmente una convergenza che, data per certa all’inizio, permane, complicandosi, in tutta l’esperienza clinica di Freud. Conformemente alla tesi wittgensteiniana, secondo cui il significato delle parole e delle proposizioni consiste nel loro uso, lo studio non perseguirà l’intento di valutare la correttezza del significato che Freud assegna a tali verbi, magari confrontandolo con un loro ideale significato assoluto, quanto piuttosto quello di rilevare alcune caratteristi che generali dell’impiego che Freud compie di essi.
Il sapere nel gioco linguistico della cura. Un excursus attraverso l’opera di Freud
di Andrea Vaccaro«atque», 8, 1993, pp. 89-104Scarica intero Articolo
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