Il sé vulnerabile

di Giovanni Stanghellini
«atque», 25-26, 2002, pp. 199-218

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La crisi della psicopatologia e il coraggio della filosofia

 

La psicopatologia ha perso la sua anima filosofica e il coraggio delle grandi sintesi concettuali? Per buona parte degli psichiatri, la parola ‘filosofico’ è sinonimo di ‘speculativo’ e ‘non empirico’, dunque è impiegata per stigmatizzare affermazioni o teorie astratte, non basate sui fatti, non verificabili e co munque lontane dalla pratica medica. Tutt’al più, la filosofia è tollerata dai più indulgenti in quanto cornice storica o antefatto della psichiatria moderna, così come l’alchimia nei confronti della chimica. In nome dell’empirismo e della facile e rapida com prensibilità dei concetti, la psichiatria clinica ha rinunciato ad una cornice teorica di riferimento coerente (Parnas e Zahavi, 2000), tanto che le parole della psichiatria sono appiattite assai spesso sul loro significato di senso comune (Mishara, 1994). La psicopatologia ha perso di vista la propria natura centaurica – disciplina fondante la comprensione e la cura – e così anche il proprio mandato – elaborare gli strumenti concettuali per fondare una comprensione rigorosa dei fenomeni patologici della soggettività – e si è riciclata in quanto disciplina che seleziona i sintomi utili alle procedure diagnostiche e che li definisce operativamente (Rossi Monti e Stanghelli ni, 1996).

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