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La rivista “atque” continua la sua pubblicazione in formato cartaceo per i tipi di Moretti & Vitali di Bergamo, ma d’ora in poi gli articoli di tutti i fascicoli – esclusi quelli degli ultimi due anni – sono leggibili (in formato pdf) su questo sito e scaricabili in maniera completamente gratuita.

Sicché i fascicoli di “atque” dal 1990 (anno della sua fondazione) sino a quelli di due anni fa sono ad accesso libero e quindi aperti a ogni forma di ricerca, mentre gli altri hanno un “embargo”, per l’appunto, di due anni – naturalmente il formato cartaceo di tutti i fascicoli rimane disponibile presso le librerie (vedi “librerie amiche”) e ordinabile all’editore (ordini@morettievitali.it).

Essendo digitalizzato l’intero archivio storico, per individuare gli articoli e poterne fare le ricerche sia per autore che per parola chiave, basta consultare questo indice articoli e qualora interessi scaricare il file pdf, cliccare sul titolo.

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Io, coscienza e volontà. La necessità del possibile

di Amedeo Ruberto
«atque», 21 n.s., 2017, pp. 131-155

Il tema della volontà viene qui sviluppato da una prospettiva junghiana e da un punto di vista empirico in riferimento all’attività psicoterapica. Ciò richiede una serie di distinzioni e precisazioni per giungere a fondare logicamente la categoria del possibile dalla quale si inferiscono pragmaticamente: basi psicologiche, caratteristiche e conseguenze del volere. Ciò comporta inoltre la discussione di termini come coscienza e soggetto così come il ripristino di un’organizzazione psicologica che trova come elemento essenziale il concetto di Io.

 

Parole chiave: volontà, psicologia analitica, Io, logica modale, possibile

 

Le prime pagine di questo articolo non ancora pubblicato online, si trovano nello sfogliabile cliccando qui – l’intero articolo è ovviamente reperibile nel fascicolo in formato cartaceo presso le “librerie amiche” ed è ordinabile all’indirizzo ordini@morettievitali.it

La dialettica della volontà e dell’involontario

di Giovanni Stanghellini e Milena Mancini
«atque», 21 n.s., 2017, pp. 157-170

‘Volontà’ è un concetto polisemico. In questo articolo lo esploriamo, sotto il profilo della dialettica tra il volontario e l’involontario. La dialettica ontologica degli aspetti involontari e volontari rivela la sfida normativa di ‘essere una persona’. Essere una persona è esistere come ‘me stesso’ e mediante tutte le caratteristiche che definiscono ‘ciò che sono’ (per esempio: gli aspetti biologici, il mio passato, le mie esperienze inquietanti, il modo in cui mi sento definito dalle persone mentre mi guardano, e così via), ma che, oltremodo, non possono descrivere ‘chi sono’. La dimensione involontaria del mio essere persona è ciò che è dato a priori nella mia esistenza, la materia prima che costituisce le disposizioni sedimentate del mio essere e che pone i confini della mia libertà. L’involontario, dunque, è la non scelta, è l’insieme di tutte le possibilità implicite che limitano le mie azioni e le mie reazioni, il lato oscuro della persona e la sua oscura e dissociata spontaneità. In altre parole, è l’esperienza della necessità, di ciò che non abbiamo e non possiamo scegliere. Nozioni come “pulsione”, “emozioni”, “desiderio”, “carattere” ecc. appartengono al circolo dell’involontario. Le radici dell’involontario, dunque, sono la mia storia, il mio corpo e il mondo in cui sono stato gettato. Nel presente lavoro esaminiamo questa dialettica tra il volontario e l’involontario, sottolineando come essa sia strettamente legata al concetto di individualità e alterità e alla loro dialettica. Se e solo se acconsento volontariamente alla dimensione involontaria della mia esistenza posso metterla al servizio della mia identità.

 

Parole chiave: volontario, involontario, identità, alterità, desiderio, libertà

 

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L’evento della volontà in una prospettiva comparativa. L’azione e l’agente nella Bhagavadgītā

di Luca Pinzolo
«atque», 21 n.s., 2017, pp. 173-201

Il contributo prende le mosse da alcuni rapidi riferimenti ad autori, come Spinoza e Schopenhauer, che hanno tentato una sorta di genealogia della volontà e del libero arbitrio seguendone l’invito a decentrarli dal piano del soggetto individuale a quello metafisico-ontologico. Si cercherà, quindi, di riformulare il problema attraverso un détour nella Bhagavadgītā, in cui, almeno a una prima lettura, non si parla di volontà, anche se si discute continuamente di azione e di decisione. Utilizzando liberamente il concetto di F. Jullien di “scarto”, si cerca di mostrare che la Bhagavadgītā può fornirci degli strumenti per ripensare la questione della volontà proprio grazie a quelle stesse ragioni per cui quel concetto non è mai stato formulato.

 

Parole chiave: Libet, Spinoza, Schopenhauer, Śaṅkara, libero arbitrio, ontologia, natura, induismo, Bhagavadgītā, darśana

 

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A due voci. Quasi un dialogo per nastro magnetico, Glasharmonika e rumore di fondo

di Fabrizio Desideri
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 17-30

Un tentativo di intrecciare un dialogo filosofico tra due entità immaginarie: vox reflexa e vox áltera sono i loro nomi. Il dialogo immaginario riguarda la voce come alterità originale. Tanti i riferimenti, tra cui: Hegel, Platone, Aristotele, Agostino, Daniello Bartoli, Derrida e molti altri ancora.

 

Parole chiave: voce, lingua, suono, animale, alterità, coscienza, Sé.

 

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Tra mutoli e scilinguati:
una rapsodia

di Silvano Facioni
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 33-52

Quando cerchiamo di indagare il significato della “voce” dobbiamo considerare come essa sia stata studiata lungo la tradizione filosofica occidentale. In questo articolo cerchiamo di lanciare una sonda in alcune teorie rilevanti (Aristotele, Hegel, S. Agostino) e in alcune opere letterarie (Kafka, Artaud) per dimostrare che se la voce e la parola sono considerate principalmente come una singola questione, la voce sembra sfuggire a questa dicotomia.

 

Parole chiave: voce, scrittura, morte, silenzio, lingua, suono, significato, animale, ritmo, glossolalia.

 

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Dalla grana della voce
alla grana della scrittura.
Alcune riflessioni sulla parola
detta e scritta

di Giorgio Patrizi
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 53-61

A partire dal percorso teorico e critico di Roland Barthes, tra gli anni ’70 e ’80, si definisce un processo che, attraversando la critica del post strutturalismo, rifiuta le tradizionali modalità della scrittura per sostituirvi quelle che ne testimoniano le radici materiali, corporee. Ricordando le riflessioni di Zumthor sulla tradizione della vocalità, il complesso quadro antropologico tracciato da Bologna sulla centralità dell’esperienza della voce, e quello dell’affabulazione propria della cultura militante femminista, sulle teorizzazioni di Adriana Cavarero, si approda al riconoscimento dei valori antiautoritari della voce, nella contrapposizione dialettica tra Pensiero unico e Pensiero del molteplice. Da Barthes a Ong, da Zumthor a Bologna, da Benjamin a Cavarero, la voce si confronta con l’universo dei corpi e delle parole, dette e scritte.

 

Parole chiave: voce, scrittura, corpo, critica, tradizione.

 

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Flatus Vocis. Voce e scrittura
tra Jacques Derrida e Giorgio Agamben

di Francesco Vitale
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 63-80

L’articolo intende rendere conto della decostruzione derridiana dell’opposizione tradizionale tra voce e scrittura attraverso la critica della vulgata secondo la quale la decostruzione consisterebbe in una presa di partito per la scrittura contro la voce. La lettura critica del saggio “Experimentum vocis” di Giorgio Agamben, esempio recente di questa vulgata, permette di individuare l’autentica posta in gioco nella strategia adottata da Derrida: rilevare ciò che l’opposizione tradizionale tra voce e scrittura occulta nel determinare la voce quale elemento privilegiato, immediato e vivo, del logos; vale a dire la possibilità di descrivere le condizioni di possibilità della costituzione del senso nei termini che la tradizione attribuisce alla scrittura e quindi la possibilità di formalizzare tale condizioni attraverso la nozione di “arche-scrittura”.

 

Parole chiave: voce, scrittura, archi-scrittura, decostruzione, metafisica.

 

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La voce tra sonorità e respirazione
in Emmanuel Lévinas.
Abbozzo di una metafisica dell’atmosfera

di Luca Pinzolo
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 81-105

Nelle conferenze giovanili tenute al Collège Philosophique e in alcune pagine di Altrimenti che essere, Lévinas propone l’immagine di una phoné articolata in una pluralità di voci in cui l’essere stesso emerge come “scisso in Medesimo e Altro”, per ricondurla, poi alla ritmica del respiro, intesa come dinamica di individuazione in cui il soggetto, già sempre installato nel proprio essere, lo assume su di sé e in sé come essere dell’Altro e del Medesimo. L’aria, elemento materiale dell’animazione del vivente, diventa sostanza dell’essere di ciascuno come essere in relazione.

 

Parole chiave: etica, fenomenologia, decostruzione, Lévinas, Derrida, linguaggio, ontologia, responsabilità, naturalismo presocratico, psicoterapia della Gestalt.

 

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Incunaboli estetici

di Ellen Dissanayake e Mariagrazia Portera
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 109-124

Riflettendo sulla voce, non si può non porre attenzione alle interazioni precoci tra il bambino e chi se ne prende cura. È in tali scambi che è possibile percepire nitidamente come vengano a darsi comportamenti multimodali (vocalizzazioni, espressioni facciali e movimenti del corpo in forma esagerata). E cogliere come questi accadano in modo ripetuto e con modalità pienamente formalizzate. A partire da tali fenomeni, cui colloquialmente è stato assegnato il nome di baby talk, è d’altra parte possibile rintracciare come il comportamento estetico-artistico adulto venga a darsi in modo spontaneo e inintenzionale. È in questo senso, che il baby talk può essere assunto come la “culla” dove prendono forma gli “incunaboli estetici”: vale a dire quei dispositivi di base (ripetizione, stilizzazione, elaborazione, esagerazione, manipolazione dell’aspettativa) che utilizzati dai bambini e da chi se ne prende cura per modulare il reciproco coinvolgimento emozionale, vengono ripresi e “rifunzionalizzati” dagli artisti per coinvolgere e attrarre l’attenzione del pubblico. Partendo dalla teoria darwiniana dell’evoluzione per selezione naturale e traendo supporto empirico e sperimentale da una molteplicità di discipline differenti (dall’etologia alla neurobiologia, dalla psicologia dello sviluppo alla paleoantropologia), è da ritenere che il baby talk si sia evoluto più di un milione di anni fa, per incrementare sia le chances di sopravvivenza dei piccoli di Homo che il successo riproduttivo delle loro madri. Ed è altresì da ritenere che le arti – rifunzionalizzando gli incunaboli estetici già presenti e operanti nel baby talk – compaiano nei rituali per la prima volta al modo in cui le sperimentiamo e concepiamo ancora oggi: un making special, o artification, intenzionale e deliberato, che “exatta”, co-opta, l’“artificare” spontaneo dei bambini.

 

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Quando un corpo incontra
il linguaggio. Modulazioni vocali
nella talking cure

di Maria Ilena Marozza
«atque», 20 n.s., 2017, pp. 125-141

La voce è una dimensione di straordinario interesse quando l’attenzione nella talking cure si allontana dalla mera comprensione dei significati del discorso dell’analizzando, concentrandosi piuttosto sulla globalità dell’atto linguistico, nella sua valenza di azione corporea. Nella vocalità convergono molteplici funzioni. Nel saggio viene descritto in primo luogo il valore di appello intersoggettivo intrinseco alla natura stessa della voce. In secondo luogo ci si chiede in che senso la voce possa essere intesa come il segno di una singolarità individuale. In terzo luogo, ci si sofferma su che tipo di presenza singolare venga a essere espressa tramite la vocalità, e come sia proprio questa singolarità l’elemento più interessante nella talking cure.

 

Parole chiave: Talking cure, voce, corpo, linguaggio.

 

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