Interni. Quattro variazioni quasi dialettiche intorno a sensibilità e linguaggio

di Fabrizio Desideri
«atque», 5 n.s., 2008, pp. 13-32

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Il comportamento più sottilmente articolato dell’essere

umano è forse il linguaggio insieme al tono della voce e

alla mimica facciale.

Ludwig Wittgenstein

 

Premessa

 

In un passo dei Cahiers Paul Valéry introduce un’opportuna differenziazione all’interno del concetto di sensibilità, distinguendo tra una sensibilità “oggettiva e specializzata”, volta verso l’esterno, relativa alla ripetizione stabile delle funzioni ossia alle modalità e ai vincoli (i sensi) attraverso cui abbiamo percezione del mondo, di noi stessi e degli altri, e una sensibilità “generale o soggettiva”, volta verso di noi, che chiama, evoca, interpella l’Io fino al punto che quest’ultimo rappresenta per essa la “risposta essenziale”. Alla determinatezza funzionale della sensibilità oggettiva si oppone, così, il carattere indeterminato e meta-funzionale della sensibilità soggettiva. Volendo evitare di ante porre a questa dimensione un soggetto già formato e individuato, si potrebbe anche sostenere che è proprio nello sviluppo di questo secondo modo della sensibilità che si costituisce la stessa soggettività nella forma di risposte globali, di feedback generali nei confronti di quelli che possiamo chiamare input percettivi e, più in generale, esperienze.

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