La perdita del sentimento del Sé. Tra psicopatologia fenomenologica e psicoanalisi

di Giovanni Gozzetti
«atque», 13, 1996, pp. 145-154

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Se sia caratterizzante nella melanconia il disturbo dell’umore, pur qualitativamente distinto dalla tristezza, oppure un particolare tipo di non sentire è una questione di un significato psicopatologico molto attuale, come indicato da un recente articolo di Alfred Kraus. A questo interrogativo la prima psicoanalisi di S. Freud e K. Abraham aveva apportato un fondamentale contributo.

Sono convinto che la individuazione nel 1911, da parte di K. Abraham della base personalistica predepressiva, assieme alla perdita del sentimento del Sé nel melanconico messa in luce da Freud nel 1915, col dar voce e corporeità all’Oggetto introiettato, rappresentino due grandi scoperte, non solo per la psicoanalisi, ma anche per la psicopatologia della melanconia. Allora si era cercato di capire quello che in seguito la psicopatologia fenomenologica ha potuto rendere evidente e visibile, come il male melanconico sia essenzialmente una incapacità di stabilire una relazione con l’alterazione dell’umore, di soffrire sotto l’ossessione di un dolore che il paziente non sente come proprio.

L’apporto della psicoanalisi viene riconosciuto e messo in luce nella seconda edizione dell’opera magistrale di Hubertus Tellenbach, che rende a Freud il merito di aver portato un contributo determi nante nell’individuare la profonda caratteristica della depressione melancolica in una alterazione del sentimento del Sé, che comporta un totale rovesciamento dei rapporti del soggetto con se stesso ed i propri contenuti tematici. Si tratta del punto essenziale che la diffe renzia dalla tristezza.

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