La personalità dell’analista come principale strumento del lavoro analitico. Ma quale formazione?

di Margherita Vannoni
«atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 249-258

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Il tema della formazione in psicologia analitica è molto ampio e la letteratura sull’argomento è comprensiva di posizioni che arrivano ad essere diametralmente opposte; le considerazioni che seguono su tale complesso, difficile e inesauribile tema riguardano solo alcuni aspetti vissuti come significativi durante la mia formazione analitica, ad oggi in corso. Quanto segue si limita quindi ad avere il valore del l’esperienza e della riflessione personale. 

 

  1. L’oggetto della formazione

Le domande centrali di questo mio contributo accompagnano da sempre la mia formazione e, di conseguenza, il mio lavoro clinico, e ruotano intorno ad alcune tematiche principali relative a cosa sia oggetto della formazione analitica e a quali strumenti e attraverso quale percorso tale oggetto venga formato.

Negli scritti di Jung dedicati alla psicoterapia emerge chiaramente come lo strumento del lavoro analitico sia considerato la personalità del terapeuta e come questa sia l’oggetto principale della formazione; fu per primo Jung, infatti, che propose l’istituzione dell’analisi didattica: coloro che volevano esercitare la professione di analisti dovevano sottoporsi a una propria analisi. Mario Trevi, riprendendo fedelmente Jung, ricorda, in un suo contributo sulla didattica junghiana, come la personalità dell’analista sia il cardine del metodo analitico e come l’obiettivo della formazione non possa essere che lo sviluppo più ampio possibile di tale personalità.

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