L’‘altro’ invisibile

di Elisabetta Pizzichetti
«atque», 7, 1993, pp. 167-176

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  1. L’ Invisibile 

Il mondo è la dimensione immediata dell’evidenza, della visibilità e della tangibilità. Come diceva Husserl: “Ci si mostra a tutta prima come evidenza di fatto, prima fra tutte e come apodittica, l’evidenza dell’esistenza del mondo” , o, con le parole di Merleau-Ponty, il mondo è “…questa possibilità di essere evidente in silenzio, di essere sottinteso” .

Ma, con la stessa evidenza e immediatezza, questa dimensione visibile si sdoppia, si accompagna con il suo contrario. Il “questo” si fa altro, ciò che aderisce ai nostri occhi e alle nostre mani lo fa al lontanandosene: la sicurezza si fa paura e angoscia, l’abitudine e la  scontatezza della nostra vita sensibile esistono solo perché giacciono su un doppiofondo di mistero e di profondità.

L’oscurità, è prima di tutto un sentimento, non un problema del la conoscenza. E una percezione con la quale si fanno i conti da subito e che è altrettanto sottintesa quanto la percezione delle cose: “… l’invisibile della visione, l’inconscio della coscienza (. ..) è l’altra faccia o il rovescio (o l’altra dimensionalità) dell’Essere sensibile …” . Dimensionalità significa che l’essere ulteriore e inesauribile del mondo non è semplicemente una negatività, ciò che non c’è. Non un vuoto da riempire, né un rumore di fondo da cui distrarsi, ma qualcosa che per noi esiste come fatto e come idea.

L’opera di recupero di questa ragione altra da parte della fenomenologia ha cambiato definitivamente la prospettiva razionale e uni laterale del pensiero. Forse tale verità non ci sorprende più, ora, ma è pur vero che “l’intelletto dimentica, la fantasia mai” .

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