L’‘altro’ tra differenza e pluralità

di Baldassarre Caporali
«atque», 7, 1993, pp. 155-166

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La parola differenza viene oggi usata, al di fuori dei contesti teorici nei quali è stata elaborata, con una varietà di accezioni che la connotano in relazione ad una molteplicità di fatti umani e sociali. In essi si rivela un’attesa di redenzione che assegna, alle qualità possedute da quei soggetti definiti da qualche “differenza”, una carica di assolutezza capace di risvegliarli all’azione.

Ciò comporta coerentemente che il fondamento di tali differenze si presti ad offrire spunti culturali a coloro che si raggruppano in associazioni che hanno la propria legittimità in un qualsiasi tratto distintivo capace di unire piccole collettività. Una volta trovatolo in appartenenze che trascendono la sfera degli orientamenti al valore riposanti sulla coscienza, esso dispiega una forza costrittiva immensamente più grande di quella che si celava in una società storica avvertita come globalizzante. Il piccolo gruppo, il clan, il partito, il collettivo femminista, l’identità nazional etnica ecc., sono dei microcosmi che realizzano al proprio interno la più levigata delle uniformità, poiché in essa non si versa neppure un granello di quell’universalismo che la cultura moderna ha costruito e che intride gli ordinamenti politici dell’Europa.

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