L’apparente specificità della clinica

di Mauro La Forgia
«atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 123-134

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  1. Una crisi ininterrotta

 

La “crisi” dell’opzione riduzionista (connotata, al fondo, da una più o meno esplicita scelta naturalistica) che caratterizzava le cosiddette psicologie del profondo o dell’inconscio (freudiana, junghiana, adleriana e quant’altro) è, a ben vedere, un processo che inizia col nascere di queste psicologie e continua fino ai nostri giorni, senza che se ne intraveda un’esplicita conclusione; anzi, continuano ad esistere gruppi isolati ma agguerriti che negano la crisi dell’opzione suddetta, agendo di fatto come instancabili rivificatori del suo stato comatoso.

Chi frequenta gli ambienti analitici sa infatti che esiste ancora più d’uno che giudica insostituibili i punti di vista sulla mente che provengono dal concetto di pulsione, o che continua a seguire l’ineffabile pratica di attribuire all’altro pensieri o sentimenti che lo determi nerebbero a sua insaputa, senza che tale attribuzione riceva da questi alcuna conferma o alcuna giustificazione in termini di un’eventuale risposta d’insight (a meno che le circostanze emotive non abbiano in sinuato, come spesso avviene, una condotta di compiacenza).

In altre situazioni, il progressivo isolamento culturale di chi continua a ritenersi portatore di una verità indiscutibile sull’inconscio può condurre a forme espressive connotate in senso religioso che, di frequente, inducono simmetriche aspettative “catecumenali” nella schiera dei neoadepti.

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