L’ascolto e l’ostacolo

di Fausto Petrella
«atque», 14-15, 1996, pp. 155-188

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Al giovane collega che inizia a frequentare le istituzioni della psichiatria e mi chiede qualche consiglio su come deve comportarsi, suggerisco sovente: “Non metterti subito a fare delle cose; anziché cercare di ‘inserirti’ immediatamente, cerca di ascoltare”. Il consiglio equivale a dire: “Guardati in giro, e non guardare solamente nelle di rezioni prescritte”. L’indeterminatezza del suggerimento, e anche la sua evidente paradossalità, è ciò che lo rende utile e caratteristico: significa “non fissarti su nulla di predefinito, cerca di cogliere il funzio namento dell’insieme senza pregiudizi”. E ancora: “Permetti all’esperienza multiforme di venirti incontro, non selezionare frettolosamente ciò a cui va prestato orecchio, non prefigurare nulla, ma avverti che stai imboccando una strada anziché un’altra e interrogati sul perché di questa scelta”.

È evidente tuttavia che stabilire in cosa veramente consista nel nostro campo un atteggiamento di ascolto non è affatto facile né a dirsi, né a realizzarsi, né a giustificarsi anche solo descrittivamente. Per lo psichiatra sino a poco tempo fa l”‘atteggiamento di ascolto” era soltanto un sintomo, quello dello schizofrenico che si sporge nel campo uditivo alla ricerca delle voci allucinatorie.

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