Il saggio presenta una rassegna su come le emozioni siano state teorizzate sia nella psicoanalisi sia nella psicologia analitica junghiana, per proporre, poi, una visione dell’esperienza analitica che considera il loro manifestarsi come immanente alla relazione stessa. La ricerca delle emozioni in ambito psicoanalitico si è concentrata soprattutto sul perché, ovvero sulle cause psicofisiologiche, collocandosi idealmente in una linea di continuità con il vecchio Progetto freudiano, il quale si proponeva appunto di trovare un fondamento naturalistico alla dimensione speculativa della metapsicologia. In questo senso, ha tentato una integrazione dei concetti psicoanalitici con le ultime “scoperte” delle ricerche delle neuroscienze, attraverso sia una rivalutazione degli affetti che una revisione del setting. Un setting visto quale contenitore/contenuto in cui è possibile metabolizzare le emozioni oppure come un terzo soggetto, fonte immaginifica dell’integrazione consapevole delle emozioni. Differentemente dalla psicoanalisi, la psicologia analitica junghiana ha da sempre avuto come proprio fondamento la dimensione dell’affettività, sia quale nesso associativo del vissuto temporale della coscienza sia quale dimensione patica della soggettività. Uno sguardo attento al come delle emozioni, alla loro manifestatività non esclude né il riferimento alla tradizione freudiana né tanto meno a quella junghiana, propone piuttosto un atteggiamento analitico la cui “attitudine” è quella di un comprenderle come immanenti all’esperienza dell’incontro, per cui il loro sapere non è, per l’appunto, acquisito altrove.
Parole chiave: coscienza affettiva, regolazione affettiva, metafore affettive, affetto inconscio, alessitimia, dissociazione, schema emotivo, elementi beta, terzo analitico intersoggettivo, manifestatività, coscienza corporale, spazio, crisi
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