Livelli di coscienza e sensibilità clinica

di Mauro La Forgia
«atque», 20-21, 1999, pp. 127-136

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  1. Esiste una critica “esterna” alla psicoanalisi, che, sul piano teorico, pone in risalto il carattere desueto della teoria neurologica e, più estesamente, biologica che sottende la psicoanalisi e che, sul piano metodologico, contesta le procedure di raccolta dei dati, oltreché di verifica empirica, tipiche delle versioni “tradizionali” della disciplina.

Esiste, poi, un dibattito “interno” alla psicoanalisi, che ha posto in discussione alcuni fondamenti della teoria della clinica, in primo luogo i concetti di interpretazione e di insight, indebolendone o, addirittura, eliminandone significatività e incidenza nel processo terapeutico.

Ci sia consentito di fermarci per un attimo a questa prima, pa ziale, rappresentazione del dibattito intorno alla psicoanalisi. Notiamo che la punta più evidente della critica “esterna”, così come l’ele mento più pervasivo della critica “interna”, sussumono implicita mente come riferimento Freud, riferendosi a quanto di biologico o di neurologico permane, più o meno occultamente, nella metapsicologia, o al suo modo di intendere la terapia come scoperta di una verità nascosta.

Ma è un fatto che la psicoanalisi contemporanea si è quasi interamente spogliata di ogni intento metapsicologico (e, quindi, anche da quella opzione criptobiologica, che perlomeno in Freud, sosteneva tale tipo di intento); d’altra parte, condizioni via via più profonde di risonanza intersoggettiva vengono attivamente cercate nella terapia, in quanto ritenute più efficaci e “ricostitutive” di ogni atto intellettuale, pur se colorato dall’emozione che spesso accompagna il rinvenimento di una propria parte nascosta.

 

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