Lo specchio delle brame. L’io e il soggetto agli esordi della teoria lacaniana

di Gianfranco Trippi
«atque», 9, 1994, pp. 101-126

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« Ci si serve dell’ io come ìl Bororo si serve…

del pappagallo. li Bororo dice: sono un pappagallo.

Noi diciamo: io sono io [je suis moi]. »

L’io freudiano tra riflessione e transitivismo

A partire dal 1914, le difficoltà incontrate nel trattamento della nevrosi ossessiva e le interrogazioni forti che le psicosi indirizzano al complesso della teoria analitica, spingono Freud a ripensare quella concezione dell’Io desunta dalla tradizione filosofico-scientifica alla quale aveva tentato di accordare la teoria e la pratica della psicoanalisi. Seguendo il modello psicologico allora imperante, che fondeva, nello stesso concetto, individuo biologico e soggetto della conoscenza, più volte Freud aveva descritto l’Io nei termi ni di un sistema deputato all’adattamento e capace di autocoscienza. Vero è che con la nozione di processo primario egli aveva introdotto il principio di decentra mento del soggetto e, già dai tempi dell‘ Interpretazione dei sogni, aveva affermato che il nucleo dell’es senza umana rimane inafferrabile e irriducibile al si stema (pre)conscio. Nondimeno aveva riconosci uto nell’Io il luogo di sintesi delle funzioni superiori ten denti all’autoconservazione e la sede della percezione consapevole, del giudizio di realtà, dell’identità indi viduale, della ragione, del controllo della motricità.

 

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