Apoteosi della falsa coscienza e dell’auto-inganno, menzogna millenaria, antitesi perfetta del superomistico “sì alla vita”, stigma riconoscibile e archetipico di quell’“umano troppo umano” che contraddistingue tristemente la maggioranza degli individui, il ressentiment nietzscheano rappresenta una delle categorie fondanti della visione etico-filosofica del suo autore ma al tempo stesso anche un vero e proprio capolavoro di introspezione psicologica e di finezza analitica. Questo contributo analizza la teoria nietzscheana del ressentiment contestualizzandola entro una concezione della morale intesa come “linguaggio gestuale delle emozioni” (eine Zeichensprache der Affekte) che il filosofo tedesco ritiene decifrabile solo integrando le risorse della filosofia con quelle della psicologia e della medicina. Dopo aver chiarito le peculiarità del cosiddetto “metodo genealogico” impiegato da Nietzsche, il senso della sua autodefinizione di primo grande psicologo (der erste große Psychologe) dell’intera storia della filosofia e le peculiari sfumature semantiche del vocabolo francese ressentiment in rapporto a termini tedeschi analoghi, il saggio illustra le connessioni tra la teoria nietzscheana del ressentiment e la polemica antidarwiniana fondata sulla contrapposizione tra evoluzione e progresso, ovvero tra la perversione vendicativa dei “risentiti” e l’aristocratico vitalismo del Superuomo.
Parole chiave: Nietzsche, Ressentiment, genealogia della morale, Umwertung, nietzscheofreudismo, teoria delle emozioni, darwinismo, Ubermensch/Superuomo, pulsione causale o Ursachentrieb.
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