Note sulla paradossalità dello psichico negli scritti di C.G. Jung

di Amedeo Ruberto
«atque», 2, 1990, pp. 125-134

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Le considerazioni che seguiranno – brevi e appena abbozzate -devono innanzitutto confessare il fatto che si propongono in assenza di una vera e propria tradizione di lettura del testo junghiano nonché nella inesistenza di una istituzione che abbia finora voluto assumere le caratteristiche di una ‘scuola’. Le riflessioni che qui si offrono sono quindi rappresentative di nulla più che del personale punto di vista di chi scrive ed è bene che ne sia consapevole anche il lettore.

È d’altra parte incontestabile che l’attuale situazione dello junghismo si presenta, relativamente al l’elaborazione testuale e alle ultime proposte teoriche, in modo eterogeneo e discorde anche a dispetto dell’oggettiva profondità di molte osservazioni e dell’indubbia autorevolezza degli autori, tanto che il punto più controverso e delicato sembra ancora essere quello relativo alla stessa opportunità di una definizione di una teoria dei fondamenti della psicologia analitica. Chi scrive deve a questo proposito dichiarare una propria posizione di principio che è quella di chi, oltre a ritenere tale definizione opportuna e necessaria, vuole mantenere viva più a lungo possibile una intenzionalità sistematica e sistematizzante nella lettura del testo junghiano considerandolo come una totalità or ganica, unitaria e coerente.

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